Ore 17.56 del 23 maggio del 1992 cinque quintali di tritolo,
collocati in un sottopassaggio dell'autostrada nei pressi dello svincolo di
Capaci, venivano fatti deflagrare. Perdono la vita il giudice Falcone, la
moglie e gli uomini della sua scorta.
Sono passati 21 anni dal quel fatidico 23 maggio, che segnò
in modo indelebile la storia recente del nostro paese. Ma dopo tutti questi
anni, commemorazioni o belle parole a parte, cosa è realmente rimasto dentro
tutti noi, cosa è cambiato nella società italiana?
Per quella strage attualmente sono stati giudicati e condannati in primo
grado e in appello i presunti assassini e mandanti della strage di Capaci. I vertici di Cosa Nostra sono stati decapitati. Ma ancora non
sono stati definitivamente accertati i rapporti tra mafia e il cosiddetto «terzo
livello», che
genericamente si è riconosciuto nel mondo politico e finanziario.
Leggendo vari articoli sui giornali molti fanno appello all'insegnamento
che quella strage dovrebbe dare alle nuove generazioni, dimenticando tutte
quelle persone, che con le proprie coscienze e l’agire quotidiano hanno mandato
avanti e vissuto questo paese fino ad oggi. Quindi quanto avvenuto dovrebbe essere
soprattutto un monito a tutti noi a non sottrarci dalle nostre responsabilità.
Infatti come diceva Falcone, la mafia “è un fatto umano e
come tale ha un inizio e avrà una fine, e questa deve essere combattuta
impegnando tutte le forze migliori delle istituzioni”, perché, aggiungo, se lo
Stato abbandona i propri figli, l’orfano troverà un nuovo padre adottivo, se lo
Stato non tutela i propri cittadini, i cittadini troveranno altre forme di
tutela.
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