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foto www.frontierenews.it |
Il naufragio a Lampedusa
arriva dopo la condanna da parte di Strasburgo sulle politiche immigratorie
dell’Italia, giudicate "sbagliate o controproducenti". Eppure nessuno
rivolge la domanda contraria, ovvero: cosa ha fatto la Comunità Europea in materia
di politica immigratoria e di risoluzione a questa crisi umana?
Infatti condanna, sentenzia e non emana direttive specifiche affinché
possa aiutare lo Stato Italiano ad impedire ulteriori drammi umani. Però obbliga
tutti noi cittadini a pagare più tasse, a modificare il nostro stile di vita, a
ricordare a tutti la nostra nullità ed è brava ad entrare a “gamba tesa” sul
nostro sistema economico-sociale. Non risparmia mai i buoni consigli e sentenzia
affermando che “a causa di sistemi di intercettazione e di dissuasione inadeguati”,
l’Italia si è di fatto trasformata in una “calamita per l’immigrazione”, mirando la fiducia nell'ordine legale europeo.
Ma perché avviene tutto questo? Le cause sono molteplici, e uno dei motivi è data, in primo luogo, dalla mal gestione del processo di globalizzazione e dall'estrema fragilità politica e culturale dell’Europa in materia di politiche immigratorie, determinando di fatto un aumento dell’immigrazione clandestina verso l’Europa.
In più le varie visioni delle politiche migratorie estere dei singoli
Paesi europei, non fanno altro che rendere inesistente una volontà politica UE comune
che miri ad intraprendere azioni organiche, con il risultato di costringere i
singoli Stati ad impegnarsi in azioni bilaterali con i paesi extra-europei.
Infatti si aspettava che la UE fosse in grado di manifestare un
approccio etico-culturale e politico-istituzionale unitario, ma che di fatto è
assente per il caotico processo di unificazione fatto negli ultimi anni e dal vuoto
di potere, proprio di un’autorità sovrana, che non vi è, per un non presente governo
politico continentale.
Altro problema
sono i costi degli accoglimenti, che non sono a carico dell’Unione Europea, ma
esclusivamente dell’Italia, che non riesce poi ad offrire a questi disperati
poco nulla.
Bisognerebbe porre
con forza la questione a Bruxelles e a Strasburgo, ma i nostri referenti non
hanno quello spessore politico e morale affinché il “problema sbarchi” diventi
una preoccupazione comunitaria e che coinvolga l’intero continente. Servono
azioni incisive, comuni e definitive, perché mentre arrivano freddi ammonimenti
in cui si accusa il Bel Paese “di mirare la fiducia dell’ordine legale europeo”,
da Bruxelles qualcuno non sembra accorgersi che tanta povera gente muore al largo
delle nostre coste.
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