Oltre alla riforma costituzionale,
ad oggi bloccata in Senato, il dibattito politico degli ultimi mesi si è
focalizzato anche sull'inserimento o no delle preferenze, per la scelta di
Senatori e Parlamentari, nella prossima legge elettorale. Un dilemma assai difficile
da risolvere perché si scontra irrimediabilmente con il pensiero Italia, assai
differente rispetto a quello che vige negli altri paesi europei. Infatti negli
ultimi anni si è evidenziato che qualsiasi sistema elettorale venisse applicato,
questo portava a controindicazioni di inapplicabilità provocato da una
discutibile moralità di una parte del corpo elettorale ed elettivo.
Ma quali sono le critiche che si
muovono alle due proposte in campo?
Da una parte si accusa che le
preferenze, al di là dell’illusoria garanzia della scelta del proprio politico,
in alcune parti del Paese sono un vero bacino della cultura del malaffare e del
ricatto, un dispendio economico nelle campagne elettorali che spesso si
associano a meccanismi corruttivi legate al controllo del territorio.
Di contro
la lista bloccata, introdotta dal “Porcellum” nel 2005, è accusata di sottrarre
il diritto di scelta dei propri rappresentanti, dando un potere padronale a
leader politici, che non tengono conto della reale esigenza dalla cittadinanza,
ma influenzati da scelte non “politiche”.
Ma realmente, qual è l’incidenza
della preferenza in Italia sul sistema politico? Innanzi tutto dobbiamo
considerare che l’elettore italiano si comporta in modo differente a seconda
della latitudine. Al nord il tasso di preferenza arriva ad un massimo del 30%,
al centro del 41% e al sud tocca punte dell’80%. Da questo dato possiamo
pensare che l’elettore del centro-nord tende a premiare la lista e l’idea in
generale di partito o coalizione guidata da un premier, mentre quello del sud
sia incline ad un voto influenzato dalle condizioni strutturali e culturali che
nasce da un rapporto personalistico con il politico.
Purtroppo al di là del sistema
elettorale e dell’effettiva rappresentatività tra cittadino ed eletti, rimangono
due nodi importanti da sciogliere: la qualità dei politici, che ad oggi rimane mediocre,
e garantire un sistema che dia stabilità di governo nel tempo. Una proposta potrebbe essere quella
di applicare la legge elettorale dei comuni, che ha dimostrato nel corso degli
ultimi anni affidabilità, rappresentatività e continuità di governo, facendo però delle piccole modifiche
nella scelta degli eletti per evitare voti di scambio, malaffare o
dare troppo potere ai pochi capi partiti …….. italiani permettendo!!
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