venerdì 16 maggio 2014

12 maggio 1974-2014: 40 anni di emozioni e passione


Molti l’hanno definita la serata dell'orgoglio laziale, altri un ritrovo di vecchi amici per festeggiare i mitici ragazzi del'74 che riportarono lo scudetto del campionato di calcio nella Capitale dopo decenni, ma per i 65.000 tifosi che hanno riempito lo Stadio Olimpico lunedì 12 maggio era molto di più: un mixer di emozioni, passione e ricordi. Infatti in un triangolare calcistico si sono ritrovati i giocatori che hanno reso mitica la maglia della Lazio calcio con la vincita dello  scudetto nella stagione 1973-74, i protagonisti dell'incredibile salvezza dai” -9” e gli indomabili interpreti della stagione 1999-2000 che conquistarono ben sette tra trofei nazionali ed europei. Quella sera tutti i ricordi sono affiorati con vigore e le emozioni prendere il sopravvento. Il ricordo dei nostri padri immancabilmente si fa più forte e il pensare che molti di loro non sono lì con noi per condividere tutto questo ti fa scendere una piccola lacrima, un groppo in gola e una stretta al cuore ti stordisce per tutta la durata dell'evento. Questa serata non è stata solo un avvenimento per rivedere i nostri vecchi beniamini calcistici o per essere nuovamente trasportati in quella dimensione gloriosa passata, ma è stato una serata per riscoprire quelle trepidazioni mai sopite e ritrovare quell'adrenalina che hanno nutrito il nostro corpo per giorni e anni.


Rivedi la squadra del'74 sfilare, vengono in mente i racconti di mio padre e mio zio letteralmente impazziti ed in estasi nel raccontare le giocate di Long John, l'eleganza dell'angelo biondo, le intemperanze e la gesta di una squadra diventata poi leggenda. Ti affiorano i ricordi delle prime domeniche allo stadio con i bruscolini, il profumo dei fumogeni e la rosetta con la cotoletta. Per noi nati negli anni '70 non è stato facile tifare per le aquile, perché negli anni ’80, mentre la seconda squadra della capitale vinceva tutto in Italia, noi sciogliemmo di stare con gli anti eroi, perché quella passione che i nostri padri ci hanno trasmesso era ben diverso dallo stereotipo tifoso. Uno stereotipo che i realtà non è mai stata maggioranza in città, perché solo con il passar degli anni capimmo che lo stile e il tifare era ben diverso.

Passano i minuti di quel 12 maggio 2014, entrano i giocatori della stagione 1986-87, diventata famosa semplicemente con il nome “dei -9”. Immancabilmente ti assale quel ricordo della sfida tra Lazio e Vicenza, un ricordo ancora fresco. Sembra ieri l'arrivo allo stadio alle 12 con la famiglia (all'epoca le partite nel periodo primaverile iniziavano alle 16), l'attesa sugli spalti e lo zio che faceva cappellini di carta per proteggersi dal sole (lo Stadio Olimpico non aveva la copertura). Poi inizia una partita che sembrava stregata fin dall'inizio, il portiere avversario che parava tutto. Finisce il primo tempo e uno sguardo allo zio per farci coraggio perché speravamo che prima o poi "lo stellone" ci avrebbe dato una mano. Inizia il secondo tempo e quando mancano cinque minuti alla fine della partita un boato, un abbraccio comune, un urlo al cielo: Fiorini corre sotto la curva nord, ci porta agli spareggi per la permanenza in serie B con un goal rimasto indelebile nella nostra mente, era il nostro scudetto. Ma finalmente entra in campo la squadra dello scudetto del 1999-2000 e nuovamente altre emozioni prendono il sopravvento. Il ricordo della seconda Coppa Italia vinta contro il Milan e vedere dopo anni il luccichio di un trofeo sotto la curva nord, della super coppa italiana ed europea, la vittoria dell'ultima edizione del torneo europeo "Coppe delle Coppe".


Ma il ricordo più bello e quel Lazio-Reggina del 2000 e soprattutto l'attesa per il risultato finale della partita Perugia-Juve, interrotta e poi finita con la vittoria degli umbri sotto un diluvio. Sinceramente ricordo poco di quella partita, il pensiero non era in curva nord ma proiettato nel capoluogo umbro. Ma quando lo speaker annunciò che alle 18.04 eravamo di nuovo campioni d'Italia, mi sciolsi un abbraccio fraterno con il mio amico, protagonista di mille battaglie comuni, lanciammo un urlo di liberazione e poi l’esplosione in una gioia incontenibile. Nel rispetto di una vecchia promessa sciolsi il nodo alla mia sciarpa fatto nel 1987, non fu facile! 

Un osservatore esterno a questo mondo forse rimarrà esterrefatto per quanto raccontato e penserà che quei 65.000 erano solo dei pazzi che trepidavano e piangevano per 22 matti che correvano su di un campo verde dietro una palla di pelle di vacca: per noi era molto di più. Infatti questa giornata è stata un tuffo nel passato, dove l'emozione calcistica si è mischiata ai tanti momenti vissuti nella nostra vita passata privata con persone che non vedi da anni o che purtroppo non ci sono più. Poi pensi che tutto questo lo stai trasmettendo ai tuoi figli, come è stato fatto dai nostri padri, e vederli con la sciarpa della tua Lazio al collo ti fa scendere l’ennesima lacrima della serata.



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