
Molti l’hanno definita la serata
dell'orgoglio laziale, altri un ritrovo di vecchi amici per festeggiare i
mitici ragazzi del'74 che riportarono lo scudetto del campionato di calcio
nella Capitale dopo decenni, ma per i 65.000 tifosi che hanno riempito lo
Stadio Olimpico lunedì 12 maggio era molto di più: un mixer di emozioni,
passione e ricordi. Infatti in un triangolare
calcistico si sono ritrovati i giocatori che hanno reso mitica la maglia della
Lazio calcio con la vincita dello scudetto nella stagione 1973-74, i
protagonisti dell'incredibile salvezza dai” -9” e gli indomabili interpreti
della stagione 1999-2000 che conquistarono ben sette tra trofei nazionali ed
europei. Quella sera tutti i ricordi sono affiorati con vigore e le
emozioni prendere il sopravvento. Il ricordo dei nostri padri immancabilmente
si fa più forte e il pensare che molti di loro non sono lì con noi per condividere
tutto questo ti fa scendere una piccola lacrima, un groppo in gola e una
stretta al cuore ti stordisce per tutta la durata dell'evento.
Questa serata non è stata solo un avvenimento per rivedere i nostri vecchi
beniamini calcistici o per essere nuovamente trasportati in quella dimensione gloriosa
passata, ma è stato una serata per riscoprire quelle trepidazioni mai sopite e
ritrovare quell'adrenalina che hanno nutrito il nostro corpo per giorni e anni.
Rivedi la squadra del'74 sfilare, vengono in mente i racconti di mio padre e mio zio letteralmente impazziti ed in estasi nel raccontare le giocate di Long John, l'eleganza dell'angelo biondo, le intemperanze e la gesta di una squadra diventata poi leggenda. Ti affiorano i ricordi delle prime domeniche allo stadio con i bruscolini, il profumo dei fumogeni e la rosetta con la cotoletta. Per noi nati negli anni '70 non è stato facile tifare per le aquile, perché negli anni ’80, mentre la seconda squadra della capitale vinceva tutto in Italia, noi sciogliemmo di stare con gli anti eroi, perché quella passione che i nostri padri ci hanno trasmesso era ben diverso dallo stereotipo tifoso. Uno stereotipo che i realtà non è mai stata maggioranza in città, perché solo con il passar degli anni capimmo che lo stile e il tifare era ben diverso.
Passano i minuti di quel 12 maggio 2014, entrano i giocatori della stagione
1986-87, diventata
famosa semplicemente con il nome “dei -9”. Immancabilmente ti
assale quel ricordo della sfida tra Lazio e Vicenza, un ricordo ancora fresco. Sembra ieri l'arrivo allo stadio alle 12 con la famiglia (all'epoca le partite
nel periodo primaverile iniziavano alle 16), l'attesa sugli spalti e lo zio che
faceva cappellini di carta per proteggersi dal sole (lo Stadio Olimpico non
aveva la copertura). Poi inizia una partita che sembrava stregata fin
dall'inizio, il portiere avversario che parava tutto. Finisce il primo tempo e
uno sguardo allo zio per farci coraggio perché speravamo che prima o poi "lo stellone" ci avrebbe dato una mano. Inizia il secondo
tempo e quando mancano cinque minuti alla fine della partita un boato, un
abbraccio comune, un urlo al cielo: Fiorini corre sotto la curva nord, ci porta agli spareggi per la
permanenza in serie B con un goal rimasto indelebile nella nostra mente, era il
nostro scudetto. Ma finalmente entra in campo la
squadra dello scudetto del 1999-2000 e nuovamente altre emozioni prendono il sopravvento.
Il ricordo della seconda Coppa Italia vinta contro il Milan e vedere dopo anni il
luccichio di un trofeo sotto la curva nord, della super coppa italiana ed
europea, la vittoria dell'ultima edizione del torneo europeo "Coppe delle
Coppe".

Ma il ricordo più bello e quel Lazio-Reggina del 2000 e soprattutto l'attesa per
il risultato finale della partita Perugia-Juve, interrotta e poi finita con la
vittoria degli umbri sotto un diluvio. Sinceramente ricordo poco di quella
partita, il pensiero non era in curva nord ma proiettato nel capoluogo umbro.
Ma quando lo speaker annunciò che alle 18.04 eravamo di nuovo campioni d'Italia,
mi sciolsi un abbraccio fraterno con il mio amico, protagonista di mille
battaglie comuni, lanciammo un urlo di liberazione e poi l’esplosione in una
gioia incontenibile. Nel rispetto di una vecchia promessa sciolsi il nodo alla
mia sciarpa fatto nel 1987, non fu facile!

Nessun commento:
Posta un commento